cover blog M Alberini

sabato 2 febbraio 2013

VISTO DA LEI - “Sanità italiana in Kenia”

Gentile Mariella Alberini,
ciò che paralizza e rende inutilmente costosa la sanità italiana èl’assenza di dettagliate lettere di riferimento che accompagnino il pazientequando il medico di base lo invia ad uno specialista (e viceversa), per cui, adogni passaggio, si ripetono le analisi cliniche già fatte. Il ricaricospudorato con cui gli importatori di presidi medico-chirurgici rivendono inItalia a prezzi moltiplicati fino a 100 volte il costo al minuto nei Paesi diproduzione di ciò che importano, come avviene specialmente per gli impiantiusati in chirurgia traumatologica e ortopedica. In Italia esistono lunghissimeliste d’attesa perché qui da noi non è prevista la possibilità per specialistiprivati di operare negli ospedali come medici accreditati, remunerati solo aprestazione, un fatto che evocherebbe una sana competizione e un notevoleinteresse a studiare per eccellere, oltre ad offrire a studenti especializzandi, enormi possibilità di apprendimento nei periodici incontriospedalieri di discussione clinica sulle cause di morte e sulle complicazioni.Altra causa di spreco di denaro è la non prescrivibilità di farmacipersonalizzata al singolo malato, per cui, per far prendere 5 aspirine a unparticolare paziente, gli si deve prescrivere un intero tubetto da 20compresse. Da un punto di vista funzionale, i posti di pronto soccorso deinostri ospedali sono invasi da maree di pazienti perché un idiota sistema diremunerazione dei medici di base (pagati non a prestazione, ma in funzione diquanti pazienti li hanno scelti e, perciò, indipendentemente dal numero deimalati che trattano effettivamente) toglie a questi ogni interesse ad occuparsidi emergenze effettive o possibili e fa andare al pronto soccorso ospedalierocasi che, in tutto il mondo, verrebbero invece trattati a casa dal medico difamiglia. Nessun incarico medico dirigenziale è in Italia soggetto a oggettivie ripetuti giudizi di competenza. Questi giudizi si fondano sul comportamentostatistico dei seguenti parametri: tasso di occupazione dei letti, tasso dicomplicazioni, tasso di mortalità corretta (corretta, perchè è chiaro che lamortalità di un reparto di neurochirurgia specializzato in tumori del cervellosarà più alta di quella di un reparto specializzato in chirurgia cosmetica) etasso di concomitanza fra diagnosi cliniche e diagnosi anatomo-patologiche.Questo sistema, dove praticato, ha anche altre utilissime ricadute. Peresempio, siccome per l’ottenimento della specializzazione in chirurgia serve inpaesi come la Germania un numero minimo di interventi chirurgici personalmenteeseguiti con successo, è logico che giovani specializzandi preferiscano nonandare a lavorare in un posto dove il capo non fa operare i giovani e, quindi,il numero dei pazienti curati entro l’anno diminuisce per mancanza dipersonale, esponendo così il primario o il cattedratico alla possibilità di nonessere riconfermato alla prossima revisione biennale; però, siccome anche untasso di complicazioni e di mortalità anormalmente elevato fa perdere il postoal caposervizio, questi si sente obbligato a fare in modo che i suoi assistentisiano addestrati ad operare come si deve, così che si crea un ciclo virtuosoutile a tutti: servizio, pazienti, primari e assistenti! L’organizzazione hagrosse influenze anche sui risultati clinici. Anni fa, ho fatto fare in Kenyada un mio studente una tesi di dottorato un po’ particolare. Gli ho fattostudiare 100 strisci presi dall’asfalto delle strade di Nairobi per farne esamiculturali con antibiogramma. Questi esami non hanno mai mostrato alcunchè disostanzialmente pericoloso! Poi gli ho fatto prendere strisci cutanei lungo lepiù frequenti vie d’accesso alle ossa ad altri 100 malati, cominciando all’attodel ricovero e ripetendoli ogni ora, per 12 ore consecutive, con risultatisorprendenti, perchè, all’atto del ricovero, si coltivavano pochi e innocentisaprofiti, mentre 8 ore dopo la permanenza in corsia, si coltivavano, inciascun paziente, tutti i germi più pericolosi, dallo stafilococco aureoall’escherichia coli ed alla klebsiella, tutti abbondantementeantibiotico-resistenti! Così che si fondava scientificamente il principio chela routine più giusta è la seguente: un malato pianificato, va studiatoambulatoriamente e ricoverato mezz’ora prima dell’intervento chirurgico, perfarlo arrivare direttamente in sala operatoria senza farlo passare prima per lacorsia. Nel caso del traumatizzato acuto, questi deve passare dal prontosoccorso direttamente nella sala operatoria per le emergenze, dove un chirurgovestito per operare, lo esamina, ottiene le radiografie indicate ed attuaimmediatamente le cure necessarie. Se il pronto soccorso riceve una fratturaesposta, l’arto va immediatamente avvolto in un telino sterile, possibilmenteimbevuto di Betadina acquosa e il paziente va portato, subito ed evitando ognicontatto con la corsia, direttamente in sala operatoria, dove viene trattatocome sopra. Tante volte, in casi di politraumatizzati, ho eseguito gliinterventi di chirurgia viscerale necessari a salvare la vita e poi, holasciato il paziente sul tavolo alle cure dell’anestesista che, una voltarimesso il paziente in sesto, mi chiamava, anche dopo diverse ore, per farmicontinuare la terapia con la fase delle osteosintesi! Questo tipo di routinenon solo è la migliore profilassi delle infezioni post-operatorie, facendorisparmiare gli enormi costi finanziari e sociali delle complicazioni settiche,ma consente risultati funzionali finali eccezionalmente buoni, evitando i costisociali di lunghe invalidità temporanee e riducendo drasticamente sia leinvalidità post-traumatiche permanenti, sia le complicanze post-operatorie. Ecosì continuo a chiedermi: perché questo mi era possibile in Africa e non sipuò fare a Roma?
Lettera firmata, ricevuta via e-mail
Gentile lettore,
appareevidente che in Africa non esiste la burocrazia delle ASL. I medici sono ingrado di decidere secondo coscienza e specifica urgenza dei vari casi di intervento sia chirurgico che dipronta assistenza. E così si evitano i madornali errori da sala operatoria dove,in base a diagnosi riportate erroneamente, si opera l’arto  sano. Di certo, in Italia abbiamo un eccessodi iter burocratico che ritarda, complica e peggiora lo stato dei malati. Anchese l’eccellenza della preparazione professionale dei singoli medici especialisti è di altissimo livello. Comunque ormai in questa rubrica abbiamosviscerato numerosi lati deficitari della nostra pachidermica Sanità pubblica edi certo si potrebbe continuare. Abbandoni ogni speranza di poter in qualchemodo importare a Roma gli snelli sistemi praticati nella “Sua Africa” che, perquanto arretrata, privilegia l’efficienza immediata negli ospedali. D’altraparte ovunque nel cosiddetto Bel Paese, tale involuzione campeggia in tutti isettori. La catastrofica situazione italiana è il lapalissiano risultato diquesti sistemi imperniati su una burocrazia corrotta, affaristica, nepotistica,omertosa e arrogante. Quotidiane sono le “perle” di sciagurata malversazioneche esplodono a raffica in tutte le Istituzioni nazionali  e massacrano gli italiani di buona volontàsenza colpe. Il rimedio? Nell’immediato, astenersi dal voto per aumentare ildissenso verso questa politica sporca. Nel futuro una Repubblica Presidenziale con un Presidente eletto dal popolo e scelto fra cittadini mai contaminatidalla politica.                                                                                                                       
Il prossimo “Visto da lei”uscirà sul blog di lunedì.