Cara Mariella
Alberini,
lo schoc
causato dalle carte truccate sulla taratura dei motori Diesel Volkswagen
sconvolge le credenziali del Made in Germany. Ma come è possibile che di colpo
gli Stati Uniti si accorgano degli undici milioni di veicoli taroccati dal
punto di vista ecologico in giro per gli States…”
Lettera
firmata, ricevuta via e-mail
Carissimo amico,
ogni mattina su questo pianeta si accendono miliardi
motori inquinanti. Gli Stati Uniti così attenti all’ecologia hanno a suo tempo
approvato la regolarità dei motori Volkswagen oggi sotto processo. Allora come la mettiamo?
Possibile se ne siano accorti solo adesso? E i media americani scaturiscono di
colpo paginate sullo scandalo automobilistico più eclatante in tutto il
pianeta? Una stangata simile in Germania non era mai arrivata dall’epoca dei
disastri della Seconda Guerra mondiale. Ne va di mezzo la sua credibilità
tecnologica, commerciale e di affidabilità.
Dispiace molto poiché il caposaldo della qualità
tedesca ne esce malissimo. Dispiace anche per il dolore cocente di Frau Merkel
che, ad un tratto, si trova a dover palleggiare questa patata scottante fra le
sue manine così morbide in apparenza, ma tanto forti. Dispiace a noi italiani
per l’amore sempre nutrito verso il vecchio glorioso Maggiolini che perde
smalto.
Però a rifletterci sopra dobbiamo renderci conto che
gli USA hanno da poco ripreso a produrre
automobili ed è il caso di menzionare la famosa Tessla in grado di
marciare con motore elettrico autoricaricabile
e quindi rappresentare l’auto del futuro terrestre esente da
inquinamento. A pensar male si fa peccato ma sovente ci si azzecca. Possibile
vi sia un colpo alle spalle della Volkswagen per acciaccarla a lungo termine e
metterla fuori gioco?
Di certo dietro ogni scandalo ci sono mandanti per
farlo scoppiare. Anche Strauss Khan, afflitto da libidine violenta, fu vittima
di un tranello ancillare architettato alla vigilia della sua candidatura
all’Eliseo. Le congiure si sprecano su questa infelice Terra da quando è
comparso il Primate dei Primati e continuano.
Chi non esce dalla competizione e si ritira sul Monte
Athos non può smettere di guardarsi alle spalle senza sosta.
Forse la Germania si è affidata troppo alla sua
immagine di credibilità mondiale e a
causa di ciò paga un altissimo prezzo.
m.alberini@iol.it